Avv. Sara Fanti
L’urgenza di spiegare il meccanismo dell’istituto della rappresentazione nasce da un caso concreto portato all’attenzione dello scrivente.
Un’anziana signora – Tizia – ha nominato nel proprio testamento, quali eredi, i propri nipoti, cioè i figli dei fratelli. Tuttavia, uno dei nipoti – Sempronio – premuore a Tizia e, la signora, data anche l’età, non procede alla modifica del testamento.
I figli di Sempronio chiedono, quindi, se sono legittimati o meno a partecipare all’asse ereditario della sig.ra Tizia, in rappresentazione di Sempronio.
Per rispondere al quesito posto si deve esaminare brevemente l’istituto della rappresentazione, disciplinato agli artt. 467 e 468 c.c.
La prima delle due disposizioni spiega in che cosa consista la rappresentazione, disponendo che: “La rappresentazione fa subentrare i discendenti [legittimi e naturali] nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità o il legato. Si ha rappresentazione nella successione testamentaria quando il testatore non ha provveduto per il caso in cui l’istituito non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, e sempre che non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale”.
Dunque, affinché operi la rappresentazione, deve presentarsi il caso per cui un chiamato, cioè un soggetto che per legge o per testamento potrebbe assumere la qualità di erede, non possa o non voglia accettare l’eredità.
Nello specifico caso della successione per testamento, la rappresentazione si ha allorquando il testatore non abbia espressamente indicato il soggetto che potrebbe sostituire il chiamato.
Si precisa che se, di regola, l’istituto della rappresentazione è recessivo rispetto a quello della sostituzione, e quindi prevale la scelta fatta dal testatore, ciò non può accadere con pregiudizio dei diritti che la legge riserva ai legittimari: l’ultimo comma dell’art. 536 c.c. prevede, infatti, che i discendenti dei figli del de cuius che non assumano la qualità di erede, partecipano comunque alla successione con gli stessi diritti dei propri ascendenti.
Andando ad esaminare le fattispecie nelle quali la rappresentazione risulta applicabile, esse si individuano nella:
1) indegnità del rappresentato;
2) premorienza, cioè di morte del chiamato prima del de cuius, come in caso di commorienza o di dichiarazione di morte presunta intervenuta prima della morte del de cuius;
3) rinunzia dell’ascendente;
4) perdita del diritto di accettare l’eredità per le ipotesi disciplinate dall’art. 481 c.c. e 487 c.c..
Non si verifica, invece, la rappresentazione nelle ipotesi incapacità di ricevere per testamento.
Dibattuta è l’ipotesi se in caso di diseredazione possa applicarsi il meccanismo in esame. La giurisprudenza, se pur non recente, ne ammette l’operatività, in quanto la diseredazione non impedirebbe comunque la designazione, ma ne limiterebbe gli effetti.
Secondo quanto detto sin ora sembrerebbe che la rappresentazione si applichi ogniqualvolta un chiamato, a prescindere dal proprio grado di parentela, non possa o non voglia accettare l’eredità.
Dunque, la risposta al quesito posto, sembrerebbe essere positiva.
In realtà, l’istituto in esame trova applicazione nei limiti previsti all’art 468 c.c., dove è stabilito che soltanto i discendenti dei figli in linea retta e i discendenti dei fratelli e delle sorelle del defunto in linea collaterale possono succedere in rappresentazione.
Si pone quindi il quesito se i soggetti rappresentati possano essere soltanto i figli e i fratelli o sorelle del testatore.
Al riguardo si sono confrontate due teorie di segno contrapposto. Secondo il primo orientamento, di impronta meno restrittiva, il rappresentato non deve essere necessariamente figlio o fratello del de cuius, ma può essere anche un discendente di questi ultimi.
Quindi, nella fattispecie sopra descritta, i figli di Sempronio, nipoti ex fratre di Tizia potrebbero comunque essere considerati eredi.
Secondo un secondo orientamento, di interpretazione più restrittiva, il rappresentato può essere soltanto un figlio o un fratello/sorella del defunto.
Per cui, nell’ipotesi sopra illustrata, i figli di Sempronio sarebbero esclusi dall’asse ereditario di Tizia, con conseguente operatività dell’istituto dell’accrescimento a favore degli altri coeredi.
Tale ultima esegesi dell’istituto della rappresentazione è seguita dai più recenti orientamenti della Corte di Cassazione .
Ciò impone di adoperare una particolare attenzione nel momento in cui viene redatto testamento. Se infatti, ivi si intenda nominare un proprio nipote, in caso di premorienza di quest’ultimo non si può fare affidamento sull’istituto della rappresentazione a favore dei figli dei nipoti, ma è necessario procedere con l’aggiornamento del testamento, indicando direttamente quali eredi i discendenti di questi ultimi.