La disciplina fiscale riservata ai neo-residenti, introdotta dalla Legge di bilancio 2017 e attualmente disciplinata dall’art. 24-bis del Tuir, ha sicuramente trovato appeal da parte di molti contribuenti che, intenzionati a trasferirsi in Italia, hanno individuato in detta disciplina un incentivo particolarmente vantaggioso.
Come noto, secondo la tradizionale impostazione del codice tributario italiano il contribuente considerato residente ai fini delle imposte sui redditi è assoggettato a imposizione in base all’intero reddito ovunque prodotto. Tale impostazione, con l’entrata in vigore dell’art. 24-bis, ha subito una deroga in relazione ai redditi prodotti all’estero.
Infatti, optando per l’applicazione dell’art. 24-bis del Tuir, concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente residente, ai sensi dell’art. 2 del Tuir, soltanto i redditi prodotti in Italia, mentre per i redditi prodotti all’estero è prevista l’applicazione di un’imposta sostitutiva fissa, pari a centomila euro per ciascun periodo d’imposta, e la conseguenziale perdita del diritto a richiedere il credito d’imposta estera di cui all’art. 165 del Tuir.
Al contribuente è poi data la facoltà di escludere dall’applicazione dell’imposta sostitutiva redditi prodotti in uno o più Stati esteri, dandone specifica indicazione in sede di esercizio dell’opzione (in dichiarazione o tramite interpello probatorio), per i quali si applica il regime ordinario e compete il credito per le imposte pagate all’estero.
Per accedere al regime è necessario che chi esercita l’opzione non sia stato residente in Italia, per almeno nove dei dieci anni d’imposta precedenti all’opzione. Rientrano fra i soggetti che possono avvalersi del regime agevolativo anche i contribuenti provenienti da Stati aventi regime fiscale privilegiato.
L’opzione può essere effettuata anche per i familiari del beneficiario, laddove anche per questi ricorrano gli stessi requisiti previsti per il contribuente. In tal caso sarà dovuta una imposta sostitutiva annua di euro 25.000 per ciascun periodo d’imposta e per ciascun familiare.
L’agevolazione ha una durata massima di 15 anni dal momento dell’esercizio dell’opzione.
I vantaggi previsti sono significativi: alla misura di risparmio in termini di tassazione ordinaria, da commisurare ovviamente all’entità del reddito conseguito all’estero, si affiancano anche benefici consistenti dalll’esonero, per tutto il periodo di durata dell’opzione, dagli obblighi di monitoraggio fiscale per le attività detenute all’estero (quadro RW) ed anche dal versamento dell’imposta sul valore degli immobili detenuti all’estero (IVIE) e dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE).
È prevista inoltre l’esenzione totale per le imposte di donazione e successione sui trasferimenti relativi ai beni detenuti oltrefrontiera. Previsione alquanto innovativa considerato che costituisce una deroga al principio di territorialità di cui all’art. 2 del D.lgs n. 346/1990 in materia di successioni, secondo cui l’imposta di successione è dovuta in Italia sui beni ovunque situati, se il defunto è residente in Italia al momento della morte.
Sotto il profilo della pianificazione patrimoniale del neo-residente, tale esenzione rivestirà ancora maggiore appeal nei casi in cui, per normativa convenzionale, sarà eliminata la doppia imposizione per cui le imposte di successione e donazione saranno esentate negli Stati esteri dove sono situati i beni (considerando, tra l’altro, che gli Stati esteri presentano per lo più aliquote ben più alte di quelle previste dall’ordinamento italiano in materia di successione e donazione).
In tal senso, l’articolo 24-bis potrebbe divenire uno strumento per una legittima pianificazione fiscale a favore dei propri discendenti.
E’ doveroso soffermarsi anche sugli effetti della Legge di Bilancio 2018 sulla disciplina anti-elusiva prevista dall’art. 24-bis, che vincola le plusvalenze derivanti dalle cessioni di partecipazioni qualificate, detenute in enti e società non residenti, all’esclusione dall’opzione e quindi alla tassazione secondo il regime ordinario di imposizione per i primi cinque periodi d’imposta di validità del regime.
La causa di esclusione mira ad evitare che la persona fisica che detiene una partecipazione qualificata in un’entità estera, suscettibile di produrre una considerevole plusvalenza, trasferisca la sua residenza in Italia al solo fine di godere della tassazione agevolata per poi magari decidere di trasferirsi nuovamente in altro Stato, neutralizzando così la portata della misura attrattiva.
A questo riguardo, appare dubbio se tale esclusione, prevista come detto per le sole partecipazioni qualificate, debba continuare ad esistere considerato che la Legge di bilancio 2018 ha equiparato il regime fiscale delle partecipazioni qualificate con quello delle partecipazioni non qualificate, prevedendo, per le plusvalenze realizzate dal 2019, l’applicazione in entrambi i casi dell’imposta sostituiva con un’aliquota pari al 26%.
Di fatto la disciplina anti-elusiva farebbe riferimento ad una disposizione formalmente non più vigente dall’anno fiscale 2018. Se, come logica vorrebbe, venisse confermata la non applicabilità della disciplina anti-elusiva alle partecipazioni qualificate, ne deriverebbe un ulteriore beneficio per i neo-residenti.
L’analisi della convenienza derivante dall’applicazione del regime dovrà comunque avvenire caso per caso. In particolare, il regime di favore dovrebbe essere esaminato unitamente alle eventuali imposte assolte nello Stato (estero) della fonte.
Prendiamo ad esempio il caso di una persona fisica con redditi esteri prodotti in più Stati. Per alcuni, si intende richiedere il regime di favore e per altri l’esclusione dallo stesso. Sui primi, si applica l’imposta sostitutiva di 100.000 euro e sui secondi le regole ordinarie di tassazione. In quest’ultimo caso, l’eventuale doppia imposizione potrebbe essere eliminata facendo ricorso all’istituto del credito di imposta di cui all’art. 165, Tuir. Per quanto concerne invece i redditi oggetto di opzione, si avrà una tassazione alla fonte e una tassazione nel nuovo Stato di residenza (Stato italiano), seppur forfetaria e cumulativa, senza alcuna forma di eliminazione di doppia imposizione.
La ratio che ha spinto il legislatore italiano ad introdurre una misura di questo tenore è quella di favorire il radicamento sul nostro territorio di persone fisiche straniere con alto potenziale di ricchezza, con il convincimento che “tali persone” possano rappresentare l’occasione di una concreta opportunità di sviluppo nel nostro territorio.
Ma ci sarà una reale convenienza del regime dei neo residenti per le casse erariali?
Come noto, la “Flat Tax”, che ha già trovato applicazione per circa 180 persone, è stata recentemente oggetto di molte attenzioni da parte di volti noti dello sport, attirando l’interesse anche di pluri-pagati calciatori.
I benefici traibili dall’opzione saranno tanto maggiori quanto più elevati saranno i redditi di fonte estera, quali, ad esempio, i compensi percepiti tramite contratti con società estere come quelli per sponsor pubblicitari fuori dall’Italia.
Forbes ha stimato che nel 2017 i soli ingaggi extrasalario incassati da uno dei pluri-pagati calciatori, dal 2018 giocatore di società sportiva italiana, è pari ad oltre 47 milioni di dollari.
In tassazione ordinaria i soli guadagni extrasalario esteri di tale entità avrebbero scontato un’imposta lorda di circa 20 milioni di dollari, da cui detrarre le imposte estere, mentre col regime di favore sarebbe dovuta l’imposta forfettaria di 100.000 euro.
Questo da un’idea di quanto l’arrivo in Italia dei super paperoni potrebbe rivelarsi conveniente optando per il 24-bis, mentre potrebbe rappresentare un esiguo “contentino” per le casse erariali.
Non può non sottolinearsi in ultimo come il nuovo regime fiscale sia tecnicamente una flat tax di dubbia legittimità costituzionale che consente un trattamento privilegiato per i ricchi stranieri che decidono di stabilirsi in Italia.
E’ anche vero che i principi di uguaglianza e di capacità contributiva previsti dalla nostra Costituzione non sempre impediscono di poter stabilire una diversa misura del concorso alle spese pubbliche; tuttavia, ciò dovrebbe accadere solo qualora le agevolazioni deroganti il principio di capacità contributiva siano espressive di valori meritevoli di particolare tutela. E’ questo il caso ad esempio dei regimi agevolativi per gli impatriati, che prevedono l’abbattimento della base imponibile per ricercatori e lavoratori, laddove tali valori sono rinvenibili nella promozione della ricerca scientifica o nel rimpatrio di lavoro particolarmente qualificato.
Il regime della flat tax potrebbe rappresentare un importante incentivo per i ricchi contribuenti non residenti ed uno “stimolo” a trasferirsi nel nostro Paese. Dovrà poi essere verificato quanto questo possa portare effettivi benefici alla nostra economia.
Alessandra De Rosa